Il graffiante scorrere della stilografica sulla carta come una lametta sulla pelle: comincia così “Lettere a mia figlia” quasi a voler accentuare la disperazione delle parole di un anziano. Ogni piccolo suono dal ticchettio dell’orologio, che segna l’inesorabile passare del tempo, al rumore dei difficoltosi passi nel corridoio, tutto è al posto giusto. E la colonna sonora accresce con perfezione la tristezza nella consapevolezza della malattia.
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